domenica 4 gennaio 2009

ATTI AMMINISTRATIVI: DEFINZIONE E CLASSIFICAZIONI

Gli atti amministrativi sono gli atti posti in essere da una Pubblica Amministrazione nell’esercizio di una funzione amministrativa attribuitale dalla legge per il perseguimento in concreto dell’interesse pubblico.
Poiché si tratta di esercizio di poteri di supremazia per il principio di legalità la PA può emanare esclusivamente i tipi di atti che sono previsti dalla legge: si parla quindi di tipicità e nominatività degli atti amministrativi.
Gli atti amministrativi si suddividono in provvedimenti amministrativi, atti che non sono provvedimenti, atti di natura mista.
I provvedimenti amministrativi consistono in manifestazioni di volontà capaci di incidere in modo unilaterale sulle posizioni giuridiche dei soggetti destinatari: si distinguono a loro volta in provvedimenti in senso stretto ed in accertamenti costitutivi a seconda che la PA sia dotata di un certo margine di discrezionalità cioè di scelta nell’emissione del provvedimento (che può essere scelta su an, quid, quomodo, quando) o che invece la PA sia vincolata in modo compiuto dalla legge e il suo compito si riduca a verificare l’esistenza determinati requisiti oggettivi previsti dalla normativa che non consentono margini di apprezzamento in modo tale che l’atto emanato non risulta frutto dell’esercizio di un potere, ma risulta piuttosto un atto dovuto.
E’ bene ricordare che anche quando la legge conferisce alla PA un potere discrezionale, la scelta amministrativa incontra comunque alcuni limiti generali: l’interesse pubblico da perseguire, l’utilizzo del potere per il fine per il quale la legge lo ha previsto, la ponderazione imparziale degli interessi coinvolti, la ragionevolezza dell’ampiezza dell’eventuale sacrificio degli interessi privati per il soddisfacimento dell’interesse pubblico.
I provvedimenti amministrativi e gli accertamenti costitutivi possono ampliare o limitare le facoltà dei destinatari e quindi si distinguono in ampliativi (provvedimenti: autorizzazioni, ammissioni, concessioni, dispense, sovvenzioni; accertamenti costitutivi: iscrizioni, registrazioni, assegnazioni, esenzioni, sussidi) o ablativi, cioè restrittivi (ordini, espropriazioni, requisizioni, sanzioni amministrative).
Gli atti amministrativi che non sono provvedimenti possono consistere in manifestazioni di giudizio (valutazioni, pareri), in atti di conoscenza (pubblicazioni, comunicazioni, notificazioni, certificazioni, documentazioni, legalizzazioni, autenticazioni, omologazioni di beni).
Gli atti di natura mista sono in parte manifestazioni di volontà e in parte manifestazioni di giudizio o conoscenza (controlli: visti, approvazioni; atti propulsivi: richieste, proposte, designazioni, direttive, diffide, contestazioni) e sono caratterizzati dal fatto di promuovere l’attività d altri soggetti, quindi di non essere preordinati alla gestione diretta dell’interesse pubblico, che invece sarà attuata dall’attività e dai provvedimenti posti in essere, appunto, degli altri soggetti.
Molti autori fanno rientrare nella categoria degli atti amministrativi i c.d. atti paritetici che sono atti con i quali la P.A. procede in modo unilaterale alla definizione del contenuto di un suo obbligo di natura patrimoniale sulla base di una semplice attività accertativa di quanto previsto dalla legge (per esempio la determinazione degli stipendi). Tuttavia tali atti non costituiscono espressione di un potere di supremazia, per cui P.A. e destinatari dell'atto sono posti su un piano di parità: questa categoria fu enucleata soprattutto per definire gli atti di gestione del pubblico impiego oggi privatizzato e non appare tanto espressione di una autentica funzione amministrativa, quanto piuttosto di una attività più assimilabile a quella privatistica della P.A.: la determinazione degli stipendi è per esempio oggi effettuata sulla base dei CCNL al pari che in ambito privato.

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